venerdì 29 aprile 2011

Plastik Ultrabellezza? La fabbrica mediatica dell’orripilante

Come si era pronosticato, il nuovo programma di Italia Uno, Plastik Ultrabellezza, ha fatto subito parlare di sé.  Per la tematica della chirurgia plastica? No, di certo, perché la chirurgia plastica, “già praticata fin dalla remota antichità” (Pio XII), è “volta a ripristinare le funzioni perse, migliorare parti del volto deturpate, correggere anomalie congenite (labbro leporino) configurandosi, in quanto tale, come una pratica utile e benefica” (L. Perfori). Quindi, nulla di strano se veniamo a sapere che in India è nata una bambina con quattro gambe e quattro braccia, scambiata dalla popolazione per l’incarnazione della dea Vishnu, e che posteriormente è stata sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica per restituirla ad una vita normale. Ma allora perché questa alzata di scudi?dea-bambina o quelle di una donna di mezz’età che mostra, a torso nudo, il suo fisico svuotato come un sacchetto dopo aver perso 82 chili; quanto l’accostamento di queste immagini con l’immaginario che la redazione di Plastik ha voluto ricostruire: quello della casa di bambola all’interno della quale la conduttrice, Elena Santarelli, si mostra come l’immagine della donna perfetta, stampo nel quale tutte le donne dovrebbero entrare per sentirsi  apposto con se stesse.
La lamentela è legata alla mercificazione di queste vicende terribili che la televisione utilizza anche solo per aumentare lo share di ascolti. Ma ciò che colpisce di più non è la volontà di dare in pasto a tutti le immagini della
Tutto questo rientra benissimo all’interno di quell’idea che si vuole dare oggi dell’uomo, e soprattutto della donna, dove ciò che conta è solo quello che gli altri vedono di noi e non ciò che noi siamo. Ciò che dà dignità è la prestanza fisica, una bellezza statuaria fin nei minimi particolari. Per questo, ormai, sta diventando una cosa normale regalare ad una ragazza, per i suoi 18 anni, un seno nuovo; oppure partecipare ai Botux Party (illegali!) nei quali, donne di tutte le età, si incontrano in alberghi o ville per sottoporsi all’iniezione di botulino o di acido iarulonico, incuranti dei rischi in cui possono incorrere.
Con tutto questo, però non si vuole condannare la bellezza o la cura del proprio corpo. La Chiesa ha sempre visto nella bellezza, anche quella fisica, un riflesso della bellezza di Dio: “La bellezza fisica dell’uomo, manifestata principalmente dal volto, è in se stessa un bene. È, infatti, un’impronta della bellezza del Creatore, perfezione del composto umano, normale sintomo della sanità fisica. Quasi muto linguaggio dell’anima, da tutti intelligibile, la bellezza è ordinata ad esprimere all’esterno i pregi interiori dello spirito, poiché, come insegna l’Angelico Dottore, il fine prossimo del corpo è l’anima ragionevole. Ora, il cristianesimo e la sua morale non hanno mai condannato, come illecita in sé, la stima e la cura ordinata della bellezza fisica. Ciò nondimeno, la morale cristiana, che mira al suo fine ultimo, non può non assegnare alla bellezza fisica il posto che le compete, e che certo non sta in cima alla scala dei valori, non essendo un bene né spirituale, né essenziale. La bellezza fisica è un bene, ma corporale, ordinato a tutto l’uomo e, come gli altri beni dello stesso genere, suscettibile di abusi” (Pio XII). Queste parole del Papa, pur risalendo al 1958, ci mostrano la chiarezza di pensiero della Chiesa su questo argomento e anche la preoccupazione della deriva materiale in cui si può incorrere quando si cerca la bellezza come unico valore della vita. Fu Papa Paolo VI a mettere in guardia da questo pericolo, affermando che oggi possiamo assistere allo sviluppo “del culto della propria persona fisica e sociale, e che va dalla cura scrupolosa, e sempre commendevole, dell’igiene sanitaria e della buona salute corporale, fino allo studio di evitare ogni molestia, ogni innocuo limite al proprio benessere, fino poi all’edonismo del costume e del pensiero” (Paolo VI, Omelia 24/02/1971).
Questa ricerca sfrenata del benessere fisico e della cura del proprio aspetto per piacersi o per essere piacevoli agli altri, spinge, specialmente le donne, ad affrontare anche sofferenze inaudite per dei risultati estetici che a volte o non arrivano o sfociano in danni fisici che deturpano un corpo che era già perfetto. Per non dilungarci facciamo il solo esempio della modella brasiliana Sheyla Hershey che, dopo essersi sottoposta ad un intervento al seno che “l’ha portata a ottenere il titolo brasiliano di Seno più grande del mondo”, è dovuta ritornare sotto i ferri per un altro motivo: un’infezione da stafilococco ad entrambi i seni l’ha ridotta in fin di vita.
È sempre Pio XII che chiarisce quando sia moralmente lecito un intervento di questo tipo: “La moralità degli atti che riguardano la Chirurgia Estetica dipende dalle circostanze concrete dei singoli casi. Nella valutazione morale di queste le principali condizioni più pertinenti alla materia e risolutive nella vasta casistica presentata dalla Chirurgia Estetica, sono le seguenti: che la intenzione sia retta, che la sanità generale del soggetto sia tutelata da notevoli rischi, che i motivi siano ragionevoli e proporzionati al «mezzo straordinario» cui si fa ricorso. È evidente, ad esempio, l’illiceità d’un intervento richiesto con l’intento di accrescere la propria forza di seduzione e d’indurre così più facilmente altri al peccato; o che causi danno alle regolari funzioni degli organi fisici; o che sia voluto per mera vanità o capriccio di moda”.
L’illiceità assoluta credo la si possa trovare anche in quegli interventi di chirurgia estetica dove il soggetto ricorre al bisturi per farsi trasformare in un'altra persona. È Lorenza Perfori che riporta in suo articolo apparso sul sito libertaepersona.org i dieci esempi più bizzarri: c’è chi si è fatto trasformare in un personaggio dello spettacolo, oppure il caso di “Janet Conliffe ha speso 13mila dollari per divenire il più possibile simile alla propria figlia Jane, di 22 anni più giovane”, o anche “Zhao Gang, ha costretto la nuova compagna a sottoporsi a diversi interventi per somigliare alla defunta moglie persa in un incidente d’auto”, per arrivare poi alla perfezione dell’orrendo in Dennis Abner che ha speso 150.000 dollari per farsi trasformare il viso in quello di un gatto o Gavin Paslow che ha speso 5.500 dollari per assomigliare al diavolo.
C’è da chiedersi: cosa resterà a queste persone di tutte le trasformazioni, silicone aggiunto, dolore provato, soldi spesi e roba del genere?
Benedetto XVI nel ha affermato che “al tramonto dei nostri giorni sulla terra, al momento della morte, saremo valutati in base alla nostra somiglianza o meno con [Gesù], poiché è Lui il criterio di misura che Dio ha dato all’umanità” (Angelus 09/12/2007). È ad immagine di Dio che siamo stati creati ed è questa la grande dignità dell’uomo. La ricerca smodata di trasformarsi, di seguire per forza un cliché imposto dalla società o dalla moda svela che probabilmente è stato smarrito il senso del grande dono che Dio ci ha fatto volendoci creare a sua immagine.
Cristo stesso, facendosi uomo non si è vergognato di assumere la nostra miseria. Lui che era “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 45,3) non ha ricusato di diventare “tanto sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere” (Is 52,14; 53,2). E nella sua risurrezione cosa è rimasto a Cristo di questa nostra miseria che ha assunto? “I segni che Gesù reca in sé sono quelli della crocifissione, le ferite della sua morte in croce. Questo cosa significa? Ovvero qual è il significato della Croce? Sappiamo che la Croce è il segno dell’incommensurabile Amore di Dio per l’uomo, che è la via dell’amore, la vetta del dono di sé. La Croce è la sconfitta dell’egoismo e della superbia, è la capacità di amare fino in fondo, di un amore così sconfinato sino al sacrificio della propria vita. E allora, i segni dei chiodi e della lancia sul corpo risorto di Gesù documentano l’immenso amore di Dio per l’uomo. Il corpo risorto di Gesù reca per sempre la testimonianza di questo Amore.
Allo stesso modo accadrà ad ogni uomo e donna. I segni che ritroveremo per sempre sui corpi risuscitati di ciascuno saranno o quelli del bene o quelli del male; o quelli dell’amore a Dio e al prossimo o quelli dell’egoismo e della superbia. Tutti i corpi risorgeranno e presenteranno dei tratti; non i puri e semplici segni esteriori del proprio vissuto, ma i segni dell’amore profuso oppure no, perché il metro di giudizio ultimo sarà l’amore” (L. Perfori).
Questo ci fa comprendere a quale grado di egoismo l’uomo si sta spingendo: per apparire, è capace di sottoporsi ai più atroci dolori, ma si rifiuta di accettare la sofferenza per amore dei suoi simili.
Dovremmo sempre ricordare alle parole rivolte da Gesù risorto ai suoi discepoli quando apparve in mezzo a loro il giorno di Pasqua: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho” (Lc 24,38-39). Cristo Risorto ha la sua umanità glorificata e luminosa, non plastica e silicone!