domenica 29 maggio 2011

Alessandro VI... antesignano del Padrino? Si, ma nelle Fiction!

Ritratto di Alessandro VI e l'attore Jeremy Irons
Se non dovessero bastare i mali presenti ad infangare abbastanza l’immagine della Chiesa (vedi i nuovi casi di pedofilia!), facciamo un bel salto nel passato per deturparla del tutto! Questo viaggio nel tempo ci è oggi proposto da due fiction sulla vita di Papa Alessandro VI e della sua famiglia, i Borgia.
Il Card. Paul Poupard ha definito Alessandro VI il Papa «più scandaloso della Chiesa», e non a torto, per le notizie che di lui ci sono giunte: fu accusato di simonia per la sua elezione al soglio di Pietro, ebbe rapporti con donne, non solo da prete e da cardinale, ma anche da Papa e da queste unioni ebbe vari figli; fu accusato anche di nepotismo a favore dei suoi figli, avido di potere e pronto anche all’omicidio pur di conservarlo. Questo, certo, non è il miglior ritratto che si potrebbe tratteggiare di un Papa.


Ma le nuove fiction sulla vita di questo Papa, sulle gesta del Duca Valentino e di Lucrezia Borgia sembrano voler calcare la mano solo sugli aspetti negativi, più che fare una ricostruzione storica dei personaggi.
La prima fiction è da più un mese (3 aprile) sui piccoli schermi americani e si chiama The Borgias. Il regista Neil Jordan, per la maggior riuscita della produzione, si è avvalso di un cast di eccezione: basti solo pensare che il ruolo di Rodrigo Borgia/Alessandro VI è interpretato da Jeremy Irons. La seconda fiction, di produzione europea, arriverà in autunno nei nostri schermi, insieme a quella americana, e si chiamerà I Borgia, per la regia di Tom Fontana.
Quale sia il fine di queste due fiction lo rivela il sottotitolo delle due produzioni. Quella trasmessa dall’emittente americana Showtime suona così: The Borgias, sesso, potere, omicidio, amen. La prima famiglia del crimine. Tom Fontana, invece, ha scelto qualcosa di più forte: rifacendosi al romanzo postumo di Mario Puzo, The Family, in cui l’autore de Il Padrino, trasforma la figura di Alessandro VI in un antesignano di don Vito Corleone, Fontana la sottotitola così: I Borgia, Prima della mafia c’erano i Borgia: «Preciso intento di Fontana è quello di stravolgere ancora una volta “la storia” puntando tutto (da quanto si legge e si è saputo dalle anticipazioni) sul racconto del potere gestito da Alessandro VI. “I Borgia – ha detto Fontana – possono essere paragonate alle famiglie mafiose odierne. I meccanismi e le vicende sono gli stessi. Ho cercato perciò di rendere i personaggi storici il più possibile vicini alla contemporaneità”» (S. Ferrucci).
Che l’intento delle due fiction sia quello di sacrificare la storia, sempre e comunque, a favore di sesso e potere non è solo Sabino Ferrucci a dirlo. Emanuele Lugli, per esempio, così commenta The Borgias: «Le licenze drammatiche sono molte, la semplificazione storica eccessiva e, nonostante i complotti e il fascino dei personaggi, la trama è sorprendentemente noiosa. Se dovete guardarlo, quindi, guardatevelo almeno per i costumi».
Sul sito gli-esperti.it troviamo, pressappoco, lo stesso commento: «Sebbene la serie si preannunci interessante dal punto di vista storico e rappresentativo, pecca di eccesso di lussuria e scene scollacciate. Il Vaticano appare come un ricettacolo di vizi, orge e profanazione, in nome del potere e dell’ambizione sfrenata di un Papa che ha fatto della sua nomina un mezzo per assecondare la sua spregiudicatezza e la sua amoralità. Uno specchio abbastanza veritiero della situazione del tempo, in cui però le vicende storiche più importanti passano in secondo piano a beneficio dell’intrattenimento più pruriginoso». Basta guardare i trailers su You Tube per rendersi conto!
L’intento, dunque, non è quello di fare storia, o magari esplicitamente gettare fango sulla Chiesa, quanto quello di puntare sugli istinti più bassi della gente per avere più audience. Lo rivela chiaramente Robert Greenblatt di Showtime: «Avendo già tracciato un sentiero con The Tudors, volevamo continuare a offrire al nostro pubblico un dramma storico malizioso, arguto e completamente irresistibile».
E per raggiungere il proprio scopo, si è calcata la mano anche su alcune leggende che hanno reso ancora più morbosa la vicenda di Alessandro VI, come il presunto rapporto incestuoso con la figlia Lucrezia Borgia. Tom Fontana, candidamente, ci offrirà anche questo spettacolo nel suo I Borgia, come lui stesso conferma: «Si è sostenuto che Lucrezia Borgia avesse una relazione incestuosa con il padre e il fratello, ma non ci sono prove concrete. Eppure, se questo è quello che tutti credevano ai tempi, perché paradossalmente non farlo veramente? Che differenza fa? È la verità che si adegua alla finzione, o viceversa? In questo i Borgia riflettono molto la nostra moderna politica, fatta anche di gossip e campagne denigratorie».
Ma davvero la vita di questo Papa è stata così scellerata, senza scrupoli e licenziosa? In realtà, alle colpe obiettive di Papa Borgia vanno legati tutti i tentativi che nemici contemporanei, e storici poco clementi, gli hanno appioppato addosso creando così la leggenda nera di AlessandroVI.
In effetti, grazie a studi recenti (vedi il testo di Lorenzo Pingiotti, La Leggenda nera di Papa Borgia, ed. Fede & Cultura) ci si è resi conto che la vicenda di Alessandro VI è stata gonfiata a tal punto da travalicare anche il vero deprecabile.
Ludwig von Pastor, autore della monumentale Storia dei Papi, in 40 volumi, dà questo giudizio sull’operato di Papa Alessandro VI: «La vita di questo gaudente d’una sensualità indomita fu in tutto in opposizione alle esigenze di Chi egli doveva rappresentare sulla terra. Con tutta disinvoltura egli si abbandonò finché visse ad una condotta viziosa. Ma, cosa singolare, il modo con cui Alessandro VI amministrò gl’interessi puramente ecclesiastici non ha dato appiglio ad alcun biasimo fondato e nemmeno i suoi più accaniti avversari hanno potuto formulare sotto questo riguardo alcuna accusa speciale. La purezza della dottrina della Chiesa rimase intatta, quasi che la Provvidenza abbia voluto mostrare, che gli uomini possono bensì recar danno alla Chiesa, ma non distruggerla».
Di questa corretta gestione del potere papale e anche dell’ortodossia dei suoi interventi, ce ne dà testimonianza il Beato Giovanni Paolo II, in una lettera scritta nel 1994 al Card Marcelo Gonzáles Martín in occasione del V centenario del trattato di Todesillas: «Quando il papa Alessandro VI sottoscrisse, il 4 maggio del 1493, la bolla dal titolo “Inter cetera”, dette un particolare impulso alla attività missionaria tra le popolazioni del nuovo mondo e propose la suddivisione dei confini delle terre scoperte da Cristoforo Colombo. Così il Nostro Predecessore intese porre pace tra i Regni di Castiglia e di Lusitania, ed il 7 giugno dell’anno seguente essi stipularono un accordo nella città spagnola di Tordesillas, dalla quale anch’esso comunemente prende il nome. Tra breve dunque si celebrerà il cinquecentesimo anniversario di quell’avvenimento così importante per il mondo intero e per la Chiesa».
Anche l’accusa di simonia per la sua elezione sembra svanire alla luce dello studio dei documenti del tempo: «Alessandro VI non fu un modello di virtù e non fece onore all’altissima dignità cui fu chiamato, ma nemmeno fu un mostro folle. Nel conclave del 1492 dal quale uscì vittorioso non compaiono segni di simonia. La sua elezione fu una sorpresa, derivò da calcoli diplomatici estemporanei ma urtò aspettative di stati potenti come la Francia. Cosicché, voci di “acquisto” della dignità pontificale furono insinuate da subito, cominciando da Francesco Guicciardini, politicamente avverso al partito catalano del Borgia. E tuttavia – argomenta Pingiotti – tale accusa appare oggi infondata all’esame dei documenti. E il nepotismo? Quello ci fu, eccome. Ma nell’intricatissimo Quattrocento era pratica comune. Gli eletti preferivano circondarsi di persone fidate, meglio se vincolate da legami di sangue. Di questa pratica non fu certo Alessandro VI l’inventore» (Mario Iannaccone, Avvenire 7/1/2010).
Così anche i rapporti di Rodrigo Borgia con Vannozza (Giovanna) de Cattanei e con Giulia Farnese vanno inseriti correttamente in un periodo storico dove si viveva una grande crisi dei costumi… e questo non solo all’interno della famiglia Borgia, il cui nome, purtroppo, cominciò a far facile rima con orgia: «Ebbe tre figli dall’amante da cardinale, giacché il cardinalato era da molti considerato una carica amministrativa che poteva essere accolta con il semplice diaconato e non vincolava al celibato. A tali ambiguità avrebbe posto fine il Concilio di Trento, che però nel 1492 era ancora in mente Dei. Se nessuno storico crede più alla calunnia del rapporto incestuoso con Lu­crezia, anche il suo presunto ricorso al veleno per risolvere controversie politiche appare una leggenda» (Mario Iannaccone, Avvenire 7/1/2010).
Come la discussa relazione incestuosa di Alessandro VI con la figlia Lucrezia Borgia si è dimostrato una bufala, anche la fama di crudeltà di Lucrezia è decaduta: è notorio, infatti, come Lucrezia, dopo il terzo matrimonio, divenne terziaria francescana, dandosi alla preghiera e all’elemosina: «Se per un certo periodo era vissuta da peccatrice, certamente morì da santa» (Indro Montanelli).
Giancarlo Pani, docente di Storia del Cristianesimo alla Sapienza di Roma, analizzando il papato di Alessandro VI, fa queste considerazioni: “Non si deve pensare che la vita cristiana e la cura pastorale fossero del tutto disattese. Di Alessandro VI, per esempio, occorre ricordare l’attenzione per le questioni ecclesiastiche e il sostegno dato agli ordini religiosi, specialmente agli Agostiniani e ai Minimi. Vanno pure rilevate le iniziative prese in occasione del giubileo del 1500, che fu celebrato con particolare solennità. La cerimonia dell’apertura della “porta santa” venne introdotta per la prima volta dal Borgia all’inizio dell’anno giubilare, che venne chiamato da allora “anno santo” per distinguerlo dalla tradizione ebraica, il Papa vi partecipò di persona poiché aveva una predilezione per la liturgia che curava fin nei minimi particolari... Per quanto paradossale possa sembrare, Papa Borgia affrontò anche il problema della riforma della Chiesa».
Forse che, con questo, abbiamo voluto per forza salvare quello che non si può salvare? Assolvere ciò che non si può assolvere? No! Abbiamo voluto guardare la realtà storica, senza negare gli errori ma anche senza volerli gonfiare, come le fiction su accennate stanno facendo. Vogliamo concludere con un giudizio equilibrato: «Certo per la vita dei fedeli la dignità personale del sacerdote è di massimo momento già perché egli con essa dà ai membri della Chiesa un esempio vivo da imitare e impone un maggior rispetto a quelli che ne stan fuori; nondimeno la santità o empietà di qualsivoglia persona non può esercitare un’efficacia diretta e decisiva sulla natura, divinità e santità della Chiesa, sulla parola della rivelazione, sulle grazie e sul potere spirituale. E così anche il sommo pontefice non è in grado di togliere alcunché al valore dei tesori celesti che gli sono stati affidati nella loro pienezza e ch’egli amministra e dispensa; il suo ufficio è molto al di sopra della sua persona, e, come l’oro rimane oro sia che lo dispensi una mano pura od impura, così anche il valore intrinseco del papato è affatto indipendente dalla dignità o indegnità della persona che n’è investita. Anche il primo Papa, san Pietro, aveva gravemente peccato allorché rinnegò il suo Signore e Maestro, e nondimeno gli fu affidato il supremo ufficio pastorale. Con questo criterio giudicava già a suo tempo Leone Magno: “La dignità di san Pietro non vien meno neanche in un indegno successore”» (Ludwig von Pastor).