giovedì 30 giugno 2011

Ora, chi glielo dice a Veronesi?

Umberto Veronesi

Qualche giorno fa sono rimasto basito nel leggere il diktat evangelico dell’Oncologo nazionale, Umberto Veronesi, circa il vero amore puro.
Egli ha dichiarato: “L’amore omosessuale è più puro. In quello etero una persona direbbe «ti amo non perché amo te, ma perché in te ho trovato la persona con cui fare un figlio». Nell’amore omosessuale invece non accade, è più evoluto e consapevole: si dicono ti amo perché «il tuo pensiero, la tua sensibilità, i tuoi sentimenti sono più vicini ai miei»…”.
Non voglio entrare nel merito della polemica, del perché ha detto queste parole e a chi Veronesi ha voluto rispondere; ma ho l’impressione che il nostro Oncologo abbia perso un passaggio nel suo discorso.
Ma chi l’ha mai detto che l’amore etero sia retrò perché è vissuto solo in funzione della procreazione? La Chiesa e il Papa certo che no!
Forse Veronesi ha dimenticato una data importante: il 25 luglio 1968 (quel sessantotto dove si predicava la contestazione e l’amore libero in ogni sua forma), Papa Paolo VI promulgava la tanto discussa e osteggiata Enciclica Humanae Vitae.
Proprio in quella lettera Paolo VI, già allora, rispondeva al Veronesi di oggi: “Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Questi atti, con i quali gli sposi si uniscono in casta intimità e per mezzo dei quali si trasmette la vita umana, sono, come ha ricordato il recente concilio, «onesti e degni», e non cessano di essere legittimi se, per cause mai dipendenti dalla volontà dei coniugi, sono previsti infecondi, perché rimangono ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione. Infatti, come l’esperienza attesta, non da ogni incontro coniugale segue una nuova vita” (Paolo VI, Humanae Vitae 11-12).
Quindi, già nel lontano 68’ la Chiesa pontificava (sic!) che l’amore etero è sempre unitivo ma non sempre procreativo. Che Paolo VI sia stato un profeta e che già allora sapesse delle parole di Veronesi, non lo possiamo sapere, ma certo con le sue parole ha dato una risposta al nostro Oncologo.
A Veronesi risponde sapientemente Costanza Miriano, dalle pagine web della Bussola Quotidiana: “La realtà parla da sola, e dice questo: la specie umana si riproduce grazie a un rapporto sessuale tra un uomo e una donna. Da qui potremmo cominciare a parlare per ore di sesso con o senza amore, di maternità e paternità responsabili o meno, di tutto quello che vogliamo. Ma la realtà è questa: ognuno di noi è nato grazie all’incontro tra un uomo e una donna (neanche il laboratorio può ancora prescindere totalmente da due esemplari dei due sessi). Allora? Siamo tutti impuri? Anche i genitori di Umberto Veronesi, dunque?”.
Ho l’impressione che ci sia stato un capovolgimento di ruoli: la Chiesa è sempre stata accusata di dogmatismo da coloro che si professano laici e si dichiarano aperti a qualsiasi opinione.
Oro sono proprio loro, i laici scienziati e medici, che pontificano dogmi indiscutibili.
Sembra proprio realizzato il famoso proverbio siciliano: “Cu si fà meravigghia ci n’cappa ca cavigghia!” (traduzione: Chi si fa meraviglia ci inciampa con la caviglia)!!!